Travel blogger & Travel Designer

I Dervisci rotanti

Pensavate che avessi finito con le pillole su Istanbul vero? E invece no, perché c’è ancora una cosina di cui vorrei raccontarvi: avete presente i Dervisci rotanti cantati anche da Battiato nella sua famosissima “Voglio vederti danzare”?

“Voglio vederti danzare, come i Dervishes turners che girano, sulle spine dorsali, o al suono di cavigliere del Kathakali…” E dopo le cavigliere del Kathakali, di cui già vi avevo raccontato, è giunto il momento di parlare dei Dervishes turners, ovvero dei Dervisci rotanti: ma qual è la loro storia? E perché girano?

Ma prima di addentrarci nel clou di questa pillola dobbiamo fare un paio di passi indietro, in modo da avere una visione più completa. E il primo passo è che i Dervisci sono i discepoli del’ordine dei Mevlevi, che è uno dei tanti ordini del Sufismo. Ma cos’è il Sufismo?

Pillole di Sufismo

Il Sufismo, nato a seguito della morte di Maometto del 632, iniziò a svilupparsi dal XII secolo in avanti e a diffondersi man mano in tutto il mondo musulmano, in particolare nell’Asia centrale e in Turchia. No, non è una religione a sè come viene considerata spesso dal mondo occidentale, ma è una corrente mistica dell’Islamismo in cui i “followers”, oltre a seguire i cinque pilastri del mondo musulmano di cui vi ho accennato nella pillola sui quartieri di Istanbul, cercano di trovare la verità dell’amore e della conoscenza divina attraverso un livello di fede più profondo. E come? Allontanandosi il più possibile dalle brutte abitudini e dalla materialità, pulendo la propria anima e raggiungendo la maturità con l’amore per Dio.

Ma tornando alla Turchia, è proprio qui che ha origine l’ordine Sufi più famoso: quello dei Mevlevi fondato dai seguaci del famosissimo poeta Rumi, che dedicò la sua vita alla ricerca dell’illuminazione religiosa predicando amore e uguaglianza.

Mevlana Celaleddin Rumi

Secondo passo indietro sulla storia di Rumi in modo da comprendere ancor meglio l’origine dei Mevlevi. Mevlana Celaleddin Rumi nacque nel 1207 in ciò che ora conosciamo come Afghanistan. Ma dall’Afghanistan furono costretti a muoversi, a causa dell’invasione dei mongoli e, dopo aver girato varie città, nel 1228 si stabilirono a Konya in Turchia, la città che oggi è famosa per essere la culla dei Dervisci.

Il papà di Rumi era un insegnante e lui, fin da piccino, seguì le sue lezioni ed era già molto curioso di come poter trovare la verità attraverso Dio. Crescendo imparò anche varie lingue tra cui il turco, l’arabo, il persiano e il greco. Ma non solo perché oltre all’Islam, la sua religione, ne studiò molte altre. E cosa gli portò tutta questa conoscenza? A diventare un giorno insegnante presso la madrasa di Konya e ad essere venerato da tutti i suoi studenti.

Rumi e l’incontro con Sems

Finché non incontrò colui che gli cambiò drasticamente la vita: Sems-i Tebrizi, un profeta itinerante che giunse a Konya con la consapevolezza che lì avrebbe trovato qualcosa di molto importante. E lì infatti trovo Rumi. E Rumi trovò Sems: il suo maestro, un compagno spirituale con cui condividere pensieri e conoscenza e con cui affrontare moltissime conversazioni divine. Ma gli studenti iniziarono ad ingelosirsi perché Rumi passava sempre più tempo con Sems. E cosa fecero? Iniziarono a mettere in giro brutte voci contro Sems.

Sems, offeso, decise che era il momento di andar via da Konya e di dirigersi verso Damasco. Questo gettò Rumi in una profonda depressione, si chiuse in se stesso, si allontanò da chiunque e scrisse moltissime poesie. Fu così che Sultan Veled, il suo primo figlio, decise di partire per andare a cercare Sems e farlo tornare indietro. Sems tornò a Konya ma le gelosie ripresero finché un giorno Sems sparì: alcune fonti dicono che venne ucciso dai discepoli di Rumi e altre invece che fu lui ad andar nuovamente via.

La vita di Rumi, dopo quel momento, proseguì con un enorme malinconia, ma continuò comunque a diffondere il suo pensiero. E cosa predicava Rumi? Amore, uguaglianza, il raggiungimento dell’estasi attraverso un percorso interiore e la liberazione dal mondo materiale per potersi elevare ad uno stadio avanzato. E danzava. Perché secondo Rumi la danza e la musica permettono agli uomini di liberarsi dall’ansia e dal dolore della vita quotidiana e di raggiungere l’estasi interiore.

La nascita dei Dervisci rotanti e dell’ordine dei Mevlevi

Nel 1273 Rumi morì, ma suo figlio Sultan Veled fondò l’ordine dei Mevlevi in modo da portare avanti il pensiero e le parole del padre. Un ordine basato su amore e tolleranza che crebbe sempre di più, i cui seguaci, ovvero i Dervisci, portano avanti il messaggio di Rumi e cercano di avvicinarsi il più possibile a Dio facendo ciò per cui sono famosi in tutto il mondo: le danze rotanti. Ma cosa vuol dire Derviscio? Deriva dall’arabo e dal persiano e significa povero: prerogativa di quest’ordine, come per la maggior parte dei Sufi, è abbandonare le ricchezze e i beni materiali non necessari, per esser più leggeri per elevarsi a livello spirituale.

E nonostante non facessero nulla di male a niente e nessuno, nel corso degli anni quest’ordine venne spesso attaccato dagli islamisti più tradizionalisti. Finché Ataturk, nel 1923, dichiarò addirittura tutte le congregazioni e gli ordini nati dall’Islamismo illegali, incluso quello dei Mevlevi. Ma, clandestinamente, i Dervisci continuarono a praticare e oggi, la cerimonia Sema dei Mevlevi, ovvero la famosa danza dei Dervisci rotanti, è patrimonio Unesco ed è possibile vederla sia a Konya che a Istanbul. Ma attenzione, non bisogna aspettarsi uno spettacolo di fado o flamenco, è richiesto il silenzio assoluto: questa danza è una pratica spirituale per cui i partecipanti si preparano sia fisicamente che psicologicamente per anni. Ed è una cerimonia composta da varie fasi, ognuna delle quali ha un significato preciso. E contiene in sé molti simboli. Ma quindi cosa succede esattamente in una cerimonia Sema?

La cerimonia Sema dei Dervisci rotanti

Nell’universo tutto, dagli atomi, al sistema solare, al nostro sangue, gira. Come i Dervisci. E la cerimonia Sema è un viaggio spirituale mediante cui l’anima, ruotando, si avvicina sempre di più a Dio attraverso vari stadi. I protagonisti della cerimonia non sono solo i Dervisci rotanti, ma anche tutti i musicisti, gli strumenti e i simboli presenti durante la danza.

Già l’abito del Derviscio è ricco di significati: il Sikke, ovvero il cappello a cono, rappresenta la lapide dell’ego; l’Hirka, il mantello scuro, simboleggia la tomba dell’ego e il Tennure, l’abito bianco, rappresenta la luce e il distacco dall’Ego. E poi c’è la pelle di pecora rossa, che simboleggia il leader spirituale, ovvero Rumi, ed è rosso perché questo colore rappresenta la nascita e l’esistenza e viene posizionato, permettetemi il termine, sul “palco” in direzione della Mecca.

La parte iniziale della cerimonia

La cerimonia inizia con la musica, prosegue con il canto e poi continua con un elogio a Maometto durante il quale i Dervisci rotanti, dopo essersi posizionati, si siedono sulle loro ginocchia in preghiera verso la Mecca. Subito dopo c’è una parte in cui viene suonato solamente il flauto Ney, che simboleggia il primo respiro dell’Universo, e dopo questo i Dervisci si dispongono in cerchio e iniziano a girare.

Il primo giro, chiamato il giro di Veled in onore del figlio di Rumi, rappresenta la resurrezione dal mondo dei morti (ovvero dell’ego perché l’ego è direttamente collegato con la morte dell’anima) ed è composto a sua volta da tre giri e viene fatto con i mantelli. Il primo giro è dedicato alla nascita di tutte le cose senza vita create da Dio, come sole luna e stelle; il secondo è riferito alla creazione delle piante e il terzo a quella degli animali.

I “saluti”

Poi i dervisci tolgono lentamente i mantelli come simbolo di liberazione dalla quotidianità, tornano alle posizioni iniziali, e ricominciano a girare: qui inizia la vera cerimonia Sema, composta da quattro rituali chiamati “saluti”. Il primo saluto è riferito alla nascita dell’umanità, nel secondo i Dervisci si avvicinano sempre più a Dio, nel terzo lo raggiungono e nel quarto i dervisci tornano tra gli umani per continuare a servire il prossimo. La cerimonia si conclude con la lettura del Corano.

E’ un rito impegnativo, che richiede moltissima preparazione sia a livello fisico che a livello psicologico. Perché anche i movimenti del corpo significano qualcosa, come ad esempio il battere dei piedi è collegato allo schiacciamento dei desideri dell’ego. Oppure la mano destra alzata e la sinistra abbassata vuol dire che con la destra si riceve la benedizione di Dio e con la sinistra la si distribuisce. Ed è proprio per questo che è richiesto il silenzio assoluto, non possono assolutamente distrarsi durante questa cerimonia. 

E anche se raccontato così può significare poco, in realtà assistere allo “spettacolo” è stato molto emozionante. Ho prenotato tramite get your guide, e sono andata: lo spettacolo è alle 19 in un luogo vicinissimo a miriadi di locali. E oltre che esser bellissimo, è stata un’esperienza stranissima: riuscivo in qualche modo a percepire il misticismo, l’andare oltre, il sentirsi leggeri, nonostante sia rimasta seduta e immobile per un’ora. Un’ora che vola, anzi: gira soave e armoniosa come girano i Dervisci.

E concludo con una frase di Rumi per me molto significativa: “Dal momento che cominci a camminare su una strada, la strada appare.”

P.s: Se vi ho incuriosito con la storia di Rumi e Sems vi do un consiglio di lettura, “Le quaranta porte” di Elif Shafak. Una storia d’amore intrecciata con la vicenda dei due amici di cui vi ho narrato qui: è un libro davvero stupendo!

Iscriviti alla newsletter “Pillole dal Mondo”


Written by: