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L’Uruguay, il paese dell’utopia

28 Novembre 2021

L’Uruguay, il paese dell’utopia

Quando si parla di America Latina si pensa subito a povertà, favelas e popoli non avanzati come quelli occidentali, oppure alla Patagonia e quindi a villaggi lontani e sperduti. E probabilmente la maggior parte delle persone non sa neanche dove sia esattamente collocato l’Uruguay. Beh piccolo è piccolo, o almeno lo è nei confronti di due enormi suoi vicini, l’Argentina e il Brasile, ma sapete che il suo soprannome è “Il paese dell’utopia”?

L’origine dell’utopia

Nel lontano 1825 l’Uruguay ottenne la sua indipendenza dal Brasile e da lì iniziò a crearsi la sua politica, con la destra e la sinistra. Poi nel XX secolo ci fu a capo del paese un certo José Batlle y Ordonez che, con le sue riforme, diede il via ad una serie di benefici nei confronti della popolazione. La sua prima presidenza inizio nel 1903 e l’ultima terminò nel 1915, e qui iniziamo con i paragoni.

Sapete cosa fece per il paese già a quell’epoca? Ve ne elenco una minima parte. Proibì il lavoro ai minori di 13 anni e ridusse le ore a chi ne aveva meno di 19. Tutti ottennero un giorno di riposo a settimana e le ore di lavoro vennero fissate a massimo 48 a settimana, ovvero 8 al giorno. Cosa che in Italia avvenne nel 1955. Fece emanare la legge per il divorzio nel 1907 e le donne acquisirono il diritto di voto nel 1932. In Italia il divorzio è possibile dal 1970. Va bene siamo il paese in cui ha sede il Vaticano e quindi la Chiesa si è opposta per anni. Ma il diritto di voto delle donne italiane? 1945.

L’inizio delle lotte per la democrazia

Poi, come in tutto il mondo e in tutte le cose, anche l’Uruguay ha avuto alti e bassi. Una forte crisi economica a seguito del crollo di Wall Street, due guerre mondiali, un lungo periodo di dittature e di grande degrado dello stile di vita del popolo. Inoltre arrivarono gli anni di Che Guevara e l’annessa influenza che la rivoluzione cubana ebbe su molti popoli sudamericani e quindi, sull’onda del vicino caraibico, quando la democrazia inizia mano mano sempre più a scemare che si fa? O ci si arrende o si lotta. E nel 1965 nacquero i Tupamaros, il movimento di liberazione nazionale di cui facevano parte sia Pepe Mujica che la sua attuale moglie, Lucia Topolansky. 

I Tupamaros dell’Uruguay

E sapete com’erano chiamati i Tupamaros all’inizio della loro lotta? I Robin Hood, perché rubavano ai ricchi (banche, camion, supermercati e imprese private) per poter dare ai poveri e ai più bisognosi. Ma più il tempo passava e più lo scompiglio nel paese cresceva, come anche il numero di persone aderenti al loro movimento.

E aumentando il volume della loro “voce”, gli Stati Uniti iniziarono a storcere il naso tanto da arrivare al punto in cui la Cia iniziò a collaborare con la polizia locale. Ci furono parecchie morti e arresti tra i Tupamaros, finché un giorno, i Robin Hood, decisero di rapire Don Mitrione. E chi era? Un americano apparentemente tranquillo ma che in realtà era un infiltrato dell’FBI che già da un po’ di tempo stava insegnando ai poliziotti uruguayani varie tecniche orribili di tortura, da utilizzare verso gli oppositori politici.

L’inizio del declino e l’arrivo della dittatura

Dopo questo rapimento, i Tupamaros, iniziarono ad esser sempre più contrastati da polizia e esercito e così furono costretti a dover lasciare i loro nascondigli di città per la campagna. Ed è proprio nel bel mezzo della natura che Pepe e Lucia si conobbero e si innamorarono anche se purtroppo il loro “primo amore” durò soltanto un paio di mesi: entrambi vennero catturati nell’Agosto del 1972, insieme a moltissimi altri loro compagni. E quando l’anno successivo ci fu il golpe di stato, pochi mesi prima di quello cileno, per Pepe e i suoi compagni iniziarono 13 lunghissimi anni di torture, isolamento e prigionia in condizioni pietose. 

Venivano spostati di prigione in prigione, incappucciati, in modo che mai potessero venir localizzati e che neanche tra loro potessero parlare. Gli davano pochissimo da mangiare e ancora meno da bere. Parlavano ormai da soli o comunicando con pugni battuti sulle mura. Mujica per un lungo periodo iniziò anche ad avere allucinazioni tanto che dovettero portarlo da uno psichiatra che per fortuna gli consentì di iniziare a leggere, in modo da occupare il tempo e la mente.

E quando cadde finalmente la dittatura nel 1985, i prigionieri politici vennero liberati. Pepe, oltre che a rivedere Lucia da cui non si è mai più separato, entrò a far parte del Frente Amplio, il partito di sinistra nato nel 1971 che aveva raccolto tutti i partiti comunisti e socialisti del paese in uno unico. E nel 2009 venne nominato Presidente della Repubblica, con la sua semplicità, la sua devozione per la patria e il suo maggiolone blu.

Frente Amplio, Colonia del Sacramento

La Presidenza di Pepe Mujica

Un uomo umile come capo dello Stato. Un presidente che, nonostante la sua elevata carica, continuò a vivere nella sua casa di campagna con sua moglie Lucia, diventata nel frattempo senatrice. E non solo, la maggior parte del suo stipendio l’ha donato per la costruzione di case per i poveri del paese e per il miglioramento dell’istruzione nelle scuole uruguayane. E, iniziativa già antecedente a Pepe ma comunque varata dal Frente Amplio al governo, è stata quella di fornire un computer a ogni studente. Pensate, la scuola glielo sostituisce ogni tot di tempo e poi glielo regala al termine della scuola obbligatoria. Bello, eh?  

Ma tornando a Pepe, tre sono le sue riforme più importanti: la depenalizzazione dell’aborto, che fino a quegli anni era stata illegale, la legalizzazione dei matrimoni gay e per ultima, quella più discussa in tutto il mondo, la liberalizzazione della marijuana, per togliere ai narcotrafficanti un mercato e per controllarne di più il consumo. Eh si, in Uruguay è legale coltivarla, con alcuni limiti sul numero di piante ovviamente. E si può acquistare in farmacia dove viene distribuita da produttori che lavorano per conto dello Stato, e i compratori vengono inseriti in un registro nazionale in modo che tutto rimanga sotto controllo e che il prodotto, che ha lo stesso costo di quello che si trova sul mercato nero, sia distribuito nella sua forma naturale, per salvaguardare la salute del popolo.

Il Presidente migliore del mondo è in Uruguay!

Cosa si può dire ancora di quest’uomo eccezionale e di questo paese, dove ci sono un sacco di luoghi splendidi da visitare, in cui la democrazia, quella vera, esiste davvero? Un paese in cui un ex presidente ti invita addirittura ad andarci a vivere? “In Uruguay c’è un sacco di spazio, si vive bene ed è un paese tranquillo!”. Anche i nostri di politici, e quelli di molti altri stati, invocano l’immigrazione così, no?

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Pepe Mujica

Mujica ha patito l’inferno per la sua patria e, nonostante questo, invece di vivere la sua rimanente vita in altra maniera, ha continuato a lottare. Invece di pensare ai suoi campi e alla sua umile dimora, ha utilizzato i suoi risparmi per costruire una scuola di fianco a casa sua. E invece di riposarsi o guardare la tv con sua moglie durante i suoi momenti di riposo, accoglie gente da tutto il mondo in casa sua, proprio come ha fatto con noi.

In molti lamentano il suo troppo filosofeggiare quando nei suoi discorsi contro il capitalismo, invoca la gente che lo ascolta a pensare alla vita, alla felicità, al tempo che nessuno ti restituisce. E vogliamo dargli torto? Solo chi soffre e chi quotidianamente affronta molte difficoltà riesce a percepire la vera importanza che ha il tempo che passa e ciò che davvero conta nella vita di ognuno di noi. E se non vi basta, vi lascio il link del discorso più bello del mondo che ha fatto davvero il giro del pianeta. Forse forse, un paio di pensierini dopo, li farete sicuramente. Magari anche su un possibile trasferimento in Uruguay? Chissà.

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