Il Pelourinho
Oggi voliamo a Salvador de Bahia, conosciutissima meta turistica sulle coste del Brasile, famosa non solo per le sue spiagge e per la musica che invade le strade, ma anche per il Pelourinho, il noto centro storico colorato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Ma il Pelourinho non è solo un quartiere “abitato” da stupende case coloniali dipinte, è anche un luogo che racchiude tra le sue mura anni e anni di storia…
Breve cenno storico
Salvador de Bahia, fondata nel 1549, fu la prima capitale del Brasile sotto il dominio dei portoghesi. Ma come già si sa, le colonizzazioni nel corso dei secoli portarono ai vari popoli molta sofferenza, e nel caso di Bahia portarono anche la schiavitù. Già, perché data la sua vicinanza con le coste africane, questa città divenne la dimora di milioni di schiavi deportati per la coltivazione della canna da zucchero e del cacao.
Il Pelourinho, ieri e oggi
Il Pelourinho è situato nella città alta di Salvador (si, qui c’è la città alta e quella bassa, ma vi giuro che non è Bergamo!) ed è raggiungibile tramite l’elevador Lacerda, un’ascensore panoramico che collega le due parti. L’architettura coloniale è una delle sue protagoniste con case ed edifici dipinti di vari colori. Musica, murales e spettacoli di Capoeira, oggi, riempiono le strade del centro storico.

Un tempo, però, qui gli schiavi venivano frustati: infatti la parola stessa Pelourinho significa patibolo. La piazza centrale è Largo do Pelourinho ed è dove un tempo i deportati venivano messi in vendita e fustigati. E come scrisse Amado, sul Pelourinho, nel suo celebre Bahia: “le pietre della pavimentazione sono nere come gli schiavi che le collocarono; ma quando il sole del mezzogiorno brilla più intenso, hanno riflessi color del sangue”.
Ma grazie all’arrivo della cultura africana in terra brasiliana, proprio qui a Salvador de Bahia, chiamata anche l’anima nera del Brasile, ci fu un miscuglio di culture, di credenze e di usanze che portarono la città ad avere un popolo originale, da cui ebbe origine il Candomblé, di cui vi parlerò molto presto…